Marcia per la Vita. Perché “è un dovere esserci per chi ha...

Marcia per la Vita. Perché “è un dovere esserci per chi ha a cuore gli ultimi”

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Intervista a don Bogoni, fondatore del Cav di Roma in cui è stata accolta Cinzia, che domenica 10 maggio racconterà la sua storia al corteo anti-aborto

di Benedetta Frigerio

«Il motivo per cui la nostra opera esiste è solo uno. Non ci muoviamo con il proposito di fare del bene, ma solo per la fede in Gesù Cristo». È questa la ragione per cui don Wladimiro Bogoni, della parrocchia guanelliana San Giuseppe al Trionfale di Roma, accoglie le donne incinte e i loro figli salvandoli dall’aborto. Ed è sempre per la fede che don Bogoni sostiene la Marcia per la Vita che attraverserà la Capitale domenica prossima, 10 maggio.

NON SOLO SOLDI. Domenica a Castel Sant’Angelo, da dove alle ore 14 partirà il corteo giunto ormai alla sua quinta edizione (50 mila i partecipanti registrati l’anno scorso), ci sarà anche una delle donne passate proprio dal Centro aiuto alla vita San Giuseppe. La sua sarà una delle testimonianze che animeranno l’iniziativa. «Cinzia arrivò qui da noi spaesata e sola», racconta don Wladimiro. «Cercava aiuto perché il suo compagno non voleva il figlio che lei portava in grembo». Il sacerdote e il suo staff fecero «quello che facciamo sempre»: offrirono alla donna «un aiuto economico iniziale, insieme ai vestitini, alla carrozzina e i servizi di prima necessità». Consapevoli, come sempre, che nemmeno tutto questo basta. «Noi cerchiamo soprattutto di garantire un po’ di stabilità alle future mamme. Ad esempio aiutandole a trovare un lavoro, come è accaduto nel caso di Cinzia». Il punto secondo il prete è continuare a scommettere su persone con cui nessuno vuole condividere le responsabilità: «Serviamo la vita che fatica ad essere accolta per via di una cultura antiumana che guarda a chi è fragile, bisognoso e in difficoltà come a un peso da compiangere».

COSA SOSTIENE TUTTO. Il Cav di don Bogoni è aperto da nemmeno tre anni, ma al suo interno sono sorti anche «gruppi di aiuto alle madri seguite dalle nostre terapeute. E poi collaboriamo con altre realtà come l’Aurelia Hospital», spiega lui. Per il sacerdote «la competenza e la professionalità sono fondamentali, non ci accontentiamo di un’accoglienza generica. Perché non agiamo per bontà ma per il meglio, per il Signore. L’abbraccio fisico, dunque, non può essere che l’espressione di un abbraccio totale». Non a caso il Cav romano è incentrato «sulla preghiera». Di più: è letteralmente frutto di essa. Infatti «è nato dall’adorazione eucaristica continua che abbiamo istituito nel 2012 in vista del centenario della parrocchia», perciò è sembrato naturale scegliere l’ex cappella dell’Adorazione come sede del Centro. «Non dimentichiamo la fonte da cui è sgorgato il Cav, altrimenti si inaridirebbe tutto», continua il guanelliano. «Una volta alla settimana gli operatori del centro si trovano a pregare come garanzia di integrità dell’opera, che esiste per offrire a chi incontriamo il senso della vita: Cristo. Non lo imponiamo a nessuno, ma tutti sanno perché esistiamo». E in molti casi l’approdo finale del percorso di aiuto è stata la richiesta, oltre che di un’amicizia, del battesimo per i figli. «Tante donne poi ci chiedono di partecipare alla preghiera comune o di essere benedette, perché riconoscono subito Chi sta all’origine della gratuità che ricevono», continua don Wladimiro. Che confessa di avere «un sogno». Quello di «aprire una casa per dare alloggio alle madri sole».

GLI ULTIMI DEGLI ULTIMI. Secondo il sacerdote sono «le opere di fede» che possono cambiare le persone e il mondo. Ma «è necessario anche sostenere gesti come quello della Marcia per la Vita, perché su alcuni princìpi come questo non possiamo scendere a compromessi a discapito degli innocenti». Eppure, insiste, non sono poche le associazioni che si riempiono la bocca della parola “ultimi” ma su questo punto sorvolano. «Don Guanella aveva davvero il carisma dell’attenzione agli ultimi e quindi non li selezionava, non li relegava alla fase finale della vita o all’handicap, perché è così che i bambini concepiti, i più fragili di tutti, si trasformano negli ultimi degli ultimi». La Marcia è un gesto necessario perché «difende davanti al mondo ogni uomo concepito come il vertice del creato». È una battaglia ascrivibile a una legge naturale che tutti, non solo i credenti, sono in grado di riconoscere secondo gli organizzatori. Ma anche se la fede non è una condizione necessaria per marciare domenica, i partecipanti sono invitati, prima della partenza, a partecipare al Regina Caeli di papa Francesco alle 12 in piazza San Pietro.

FONTE – TEMPI.IT

 

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