Attraverso cucine solari e “foyers améliorés”, fratel Pietro Rusconi valorizza un’energia rinnovabile a costo zero ed evita a mogli e madri di «spaccarsi la schiena nella Savana per raccogliere legna e arbusti» o «comprare costoso carbone o petrolio»
LA STAMPA – Dall’Italia all’Africa, e viceversa. Da quasi trent’anni. Da quando, dopo essere entrato come “coadiutore temporale” nella Compagnia di Gesù a 28 anni (tra i religiosi non sacerdoti, solitamente chiamati Fratelli Gesuiti), a 42 rispose concretamente a una richiesta di aiuto giunta dal Ciad. «Mi rigirai la lettera fra le mani per qualche giorno poi decisi di partire. Non conoscevo niente dell’Africa, della realtà politica, delle cause dei conflitti Nord-Sud, che poi ho scoperto essere alibi politici. Ma ciò non doveva impedirmi di fare qualcosa per i più poveri. Così raggiunsi il mio confratello, atterrai a Bangui, 700 km a sud di Sarh, lungo una strada dove l’unica industria vista era uno zuccherificio. Era il 1980. E in Ciad decisi di fermarmi convinto che non si può parlare di Dio se prima non si offre che di sfamarsi».
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