Istituto d’arte, grande passione per la pittura e poi la Juve nel cuore e il sogno: del calcio farne professione. Nelle orecchie il rock e Ligabue “ad un posto di rilievo”.
Tra gli amici di Messina matura la proposta: un viaggio a Roma. “Era il dicembre del 2009. Un capodanno “alternativo” con momenti di servizio nel centro disabili dei guanelliani in Via Aurelia Antica”.
E’ qui che nasce l’inquietudine, il desiderio, la paura: “ero giovane, consapevole che si trattava di una scelta importante, diversa..”.
Perplessi i genitori che ne conoscevano interessi, sogni ed attitudini. Con gli amici timore di non essere capito. “Sono stati loro invece validi supporters, nel dialogo, aiutandomi a comprendere sempre meglio i miei propositi”. La comprensione non è immediata. Tante le paure: “Non essere all’altezza, deludere le persone care, affrontare solitudine, perdere la propria “libertà”, le proprie abitudini. Ma il desiderio di felicità, di essere dono per gli altri, è stato più grande”.
Vivere in comunità non è semplice. “Quelle del mulino bianco non esistono. Spesso c’è il rischio di ridursi ad una azienda priva di relazioni, luogo di incontri superficiali ed insignificanti, dettati da necessità. D’altra parte può divenire famiglia autentica, quando ciascuno accoglie l’altro con i suoi pregi e difetti, generando vincoli di carità. Così ognuno matura nella sua umanità; così coltivo il mio sogno: non si tratta di un mestiere o lavoro, qui Dio chiama non a fare, ma ad essere felici rendendo felici gli altri e Papa Francesco a Svegliare il mondo: urgono risposte libere e definitive”.
Laura Galimberti
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